I servizi prima infanzia hanno ricevuto nell’ultimo decennio un deciso impulso da parte delle azioni legislative regionali e degli interventi comunali e, nel periodo 2007-2011, anche dal livello nazionale, dettato in particolare dal perseguimento dell’obiettivo di copertura per quest’area di servizi indicato dalla Strategia di Lisbona pari al 33%, e perché grande è stata l’enfasi nel sostenere che la conciliazione lavoro-famiglia fosse una priorità per il nostro Paese.
Lo sguardo qui proposto all’area della prima infanzia nel meratese evidenzia alcune dinamiche connesse all’andamento delle risorse dedicate e alle loro modalità di utilizzo, in particolare rispetto all’implementazione del Piano Nidi, che confermano ed esemplificano le tendenze già emerse da dati relativi alla spesa sociale dei comuni e dall’ultimo rapporto di monitoraggio del Piano Nidi.
L’evoluzione della rete dei servizi per la prima infanzia nell’Ambito di Merate tra il 2009 e il 2012
L’ambito distrettuale di Merate, in Provincia di Lecco, è costituito da 26 Comuni per una popolazione complessiva di 119.770 persone (dato 2010 Osservatorio Politiche sociali Provincia di Lecco).
Per quanto riguarda l’area della prima infanzia questo territorio ha visto, nel triennio 2010-2012, un importante incremento nell’offerta dei servizi, portando i posti disponibili da 525 nel 2009 a 624 nel 2013, con un incremento percentuale dell’offerta pari al 18,8%.
I dati (v. tab.1 e tab.2) mostrano come l’incremento dell’offerta abbia complessivamente interessato i servizi a titolarità privata e in modo preponderante i servizi di tipo integrativo che hanno visto un incremento dei posti disponibili maggiore dell’ 80%.
In particolare la crescita ha riguardato l’offerta dei Centri Prima Infanzia e dei Nidi Famiglia, servizi che prevedono modalità di frequenza ridotte e flessibili e costi per le famiglie minori rispetto ad altre tipologie di servizio.
Una seconda importante evoluzione che ha interessato quest’area di servizi nel triennio 2009-2012 è relativa al processo di accreditamento dei servizi per la prima infanzia, secondo indicazioni regionali[1], che si è avviato in questo territorio a partire da dicembre 2011 e che ha portato all’accreditamento di 21 strutture.
Tabella 1 – Dati Retesalute 2009 e Cised 2013
Anno 2009-dati Retesalute | Anno 2013 – dati Cised | |||||
Numero | posti | numero | Posti | di cui accreditati | Incremento % dei posti disponibili | |
Nidi |
16 |
430 |
18 |
440 |
334 |
+2,3% |
Centri Prima Infanzia |
2 |
36 |
4 |
81 |
40 |
+125% |
Micronidi |
6 |
49 |
6 |
46 |
20 |
-6% |
Nidi famiglia |
2 |
10 |
9[2] |
45 |
10 |
+350% |
Punti Gioco |
0 |
0 |
1 |
12 |
n.p. |
Tabella 2 – Dati Retesalute 2009 e Cised 2013[3]
Anno 2009-dati Retesalute | Anno 2013- Cised | |||||
Numero | posti | numero | Posti | Di cui accreditati | Incremento % dei posti disponibili | |
Pubblici |
5 |
134 (**) |
5 |
149 |
126 |
+11,2% |
Privati |
21 |
391 |
37 |
475 |
261 |
+21,5% |
Totale |
26 |
525 |
42 |
624 |
+ 18,8% |
(**) non contiene Cernusco Lombardone (nel doc Retesalute considerato pubblico, ma nel 2013 a gestione private con accesso al piano nidi)
L’evoluzione della domanda
A fronte di questo deciso aumento sul lato dell’offerta, due dinamiche sembrano essersi avviate sul fronte della domanda:
- da una parte l’istituzione, dal 2007, delle sezioni primavera e l’introduzione della possibilità di accesso anticipato alle scuole materne che, pur orientata ad ampliare ulteriormente l’offerta di posti disponibili nei servizi rivolti ai minori 0-3, sta comportando un rischio di “competizione” con i nidi, e dunque di riduzione delle domande di iscrizione a questi ultimi.
- dall’altra il contesto di crisi economica che sta portando una riduzione del potere di acquisto delle famiglie oltre che una diminuzione del tasso di occupazione femminile[4], anche questo connesso a un conseguente rischio di riduzione della domanda di servizi.
Ciò che sembra essere accaduto, a partire dal 2010, è quindi una dinamica di riduzione della pressione prima evidente su quest’area di servizi: se nel 2010 i servizi non erano in grado di rispondere a tutta l’utenza potenziale, con la conseguente creazione di lunghe liste di attesa, in particolare per l’accesso ai servizi pubblici in cui sono previste rette agevolate in base all’ISEE, oggi questo fenomeno pare essersi arrestato, con un azzeramento, o quasi delle liste di attesa per l’accesso.
Questa dinamica richiama a un importante quesito: la pressione della domanda sui servizi pubblici si è ridotta in connessione a un cambiamento complessivo del contesto dovuto alla crisi, oppure grazie all’implementazione di specifiche misure orientate a questo obiettivo? E in secondo luogo, quanto si è riusciti a trovare un punto di equilibrio tra domanda e offerta e quanto invece si rischia oggi di andare incontro a un sotto-utilizzo delle strutture, e al conseguente rischio di insostenibilità economica di questi servizi?
I finanziamenti ai servizi per la prima infanzia: FSR e Piano Straordinario Nidi
Le misure e le principali fonti di finanziamento che in questi anni hanno interessato l’area della prima infanzia sono di tre tipologie: i contributi erogati dalla Regione attraverso circolare 4 (Fondo Sociale Regionale), le risorse proprie dei Comuni e i fondi straordinari derivanti dal Piano di sviluppo dei serviziosocio-educativi per la prima infanzia (c.d. Piano Nidi), avviato dal Dipartimento delle politiche per la Famiglia nel settembre 2007, che ha costituito la principale misura nazionale con cui si è sostenuta questa area di servizi.
Le risorse del Fondo Sociale Regionale
Le risorse del Fondo Sociale Regionale sono state utilizzate in questo territorio per finanziare contemporaneamente le strutture pubbliche e quelle private, considerando tra queste ultime, a partire dal 2011, solo le unità di offerta accreditate[5].
Le risorse complessive erogate ai nidi privati e pubblici del meratese hanno visto nel Triennio un’importante riduzione (-39%), connessa alla complessiva contrazione delle risorse derivanti dal FSR nel triennio (-53%).
La scelta che ha caratterizzato questo territorio, in un momento di tale difficoltà economica, è stata quella di privilegiare il mantenimento, per quanto possibile, delle risorse dedicate ai servizi prima infanzia rispetto ad altre tipologie di servizio portando la percentuale di risorse dedicate alla prima infanzia sul totale delle risorse ricevute dalla Regione ex circolare 4 dal 22% nel 2010 al 30% nel 2012 (v. tab. 3).
Un’altra peculiarità che si evidenzia dai dati relativi all’utilizzo di queste risorse è quella di una riduzione maggiore dei contributi erogati alle strutture pubbliche rispetto a quelle private, in ordine a un riequilibrio tra le due tipologie dettato dall’equiparazione tra pubblico e privato in seguito al processo di accreditamento.
Le strutture pubbliche hanno, infatti, visto una riduzione dei contributi erogati nel triennio pari al 43%, dettata da un’importante riduzione delle presenze (-21%) e della quota assegnata per mese/bambino, che scende da 109,61 euro a 78,9 euro (calo del 28%).
Le strutture private, invece, hanno visto una minore riduzione dei contributi erogati rispetto alle precedenti (-26% nel triennio), dettata in particolare da una scelta di sostegno specifico, dal minor numero di strutture finanziate (uscita dalla ripartizione delle Unità di Offerta non accreditate e di quelle senza consuntivi in utile) e anche qui dalla riduzione delle presenze. Per queste strutture resta però pressoché stabile la quota assegnata mese/bambino pari a 25,84 euro.
Tabella 3-Contributi ex circ. 4 per Servizi prima infanzia – dati Retesalute
Anno | Contributi ex circ. 4 per servizi prima infanzia | Di cui a strutture pubbliche | Di cui a strutture private | Totale Fondo Sociale regionale per Ambito di Merate | % di risorse utilizzate per servizi prima infanzia su totale FSR |
2010 | 206.762 | 148.310 | 58.452 | 907.586 | 22% |
2011 | 139.476 | 91.428 | 48.048 | 746.039 | 18% |
2012 | 127.069 | 84.171 | 42.898 | 425.705 | 30% |
Piano straordinario nidi
A rinforzo di questa area di servizi è intervenuto, nel 2007, il “Piano di sviluppo dei servizi socio educativi per la prima infanzia”, per il quale sono stati destinati, per il triennio 2007-2009, 446 milioni di euro a livello nazionale, a cui si sono poi aggiunti i cofinanziamenti delle regioni.
Regione Lombardia, in avvio del Piano, si è posta l’obiettivo di aumentare di 4.200 posti l’offerta disponibile, sia attraverso nuove realizzazioni, sia attraverso l’acquisto di posti nel sistema privato (profit e no profit)[6] con l’obiettivo di consentire alle famiglie l’accesso all’offerta privata alle medesime condizioni dell’offerta pubblica.
Tabella 4: risorse del piano nidi regioni 2007-2008-2009
Risorse statali | Cofinanziamento | Totale | |
Lombardia (*) | 55.855.537 | 16.756.661 | 72.612.198 |
Italia (*) | 446.461.881 | 281.158.243 | 727.620.124 |
Retesalute | 479.725 | 26.778 (fondo intesa famiglia) | 506.503 |
(*)Dati da: Presidenza del Consiglio dei ministri- Dip. per le politiche della famiglia
Nel territorio del meratese il Piano Nidi ha portato alla costituzione di un coordinamento nidi, coordinato dall’Azienda Retesalute , che ha visto la partecipazione dei soggetti gestori dei servizi alla prima infanzia sia pubblici che privati, e che ha proceduto a raccogliere dati e a definire e monitorare le modalità di implementazione delle misure previste.
L’utilizzo delle risorse ha visto in specifico l’avvio di un sistema di erogazione di voucher, definiti su fasce ISEE, per ridurre le rette sostenute dalle famiglie per l’accesso ai servizi privati, così da rendere il costo sostenuto dalle famiglie pari a quello necessario per accedere ai servizi pubblici.
Secondariamente, una parte più ridotta delle risorse è stata invece utilizzata per sostenere l’inclusione dei bambini con disabilità e sotto la tutela dei servizi con una copertura delle rette sostenute definita sulla base delle specifiche situazioni fino a un massimo del 90%.
Nel “Piano triennale zonale per la prima Infanzia” Rete salute ha previsto per il primo anno (2010-2011) “azioni sperimentali e provvisorie che permettessero una prima verifica del sistema convenzionale”. Esso ha incontrato, così come impostato inizialmente, una serie di ostacoli e difficoltà che ne hanno reso molto lento l’avvio, e che infatti è stato accolto solo da 3 Comuni (Osnago, Paderno d’Adda, Viganò) per 8 posti convenzionati.
Di conseguenza è stato destinato all’acquisto di posti nido per ognuna delle due annualità successive il 50% del residuo pari a 215.695,50 euro per ogni anno scolastico, con un obiettivo dichiarato nel Piano triennale zonale di capacità di acquisto di 65 posti annui.
La tempistica del Piano nidi, nata sul triennio settembre 2010 – luglio 2013, in realtà ha visto una quarta annualità 2013-14 dovuta al trascinamento dei fondi non integralmente assegnati nella prima annualità, fondi a cui viene aggiunta una piccola quota proveniente dal Fondo Intesa Famiglia (26.778 euro)[7].
Per aderire al Piano Nidi Retesalute emette ogni anno un bando rivolto alle strutture private accreditate che si convenzionano con l’ente, convenzionamento a cui segue l’erogazione di voucher agli utenti in ordine alla riduzione delle rette sostenute dalle famiglie.
Alla quarta annualità hanno aderito 19 strutture private (su 21 privati censiti) con 293 posti disponibili, di cui 12 nidi, 2 micronidi, 3 nidi famiglia e 2 Centri Prima Infanzia[8].
Dunque, rispetto all’offerta complessiva del meratese fatta di 624 posti, le richieste di voucher potevano riguardare i 293 utenti che frequentavano le strutture private accreditate (46% di tutti gli utenti).
In una fase iniziale sono stati raggiunte solo le famiglie già all’interno del servizio, mentre nelle annualità successive i voucher sono stati erogati alle famiglie in ingresso, facilitando di fatto l’accesso ai servizi privati grazie alla riduzione della retta.
Rispetto a questi potenziali 293 percettori del voucher, l’assegnazione è avvenuta in funzione di fasce ISEE, con importi di voucher variabili durante il triennio, e dunque al variare della geometria delle fasce ISEE si sono erogati più o meno voucher. Complessivamente i voucher erogati sono stati 338, con una risposta del 100% rispetto alle domande presentate almeno per il 2013 e il primo semestre del 2014.
Tabella 5: voucher erogati ambito meratese (dati Retesalute)
3° Piano nidi 2012-13 |
4° piano nidi 2013-14 |
||
Senza ISEE-Sett-dic 2012 | Con ISEEGen-lug 2013 | Con ISEESet2013-lug2014 | |
Domande presentate |
191 |
148 |
89 |
Voucher erogati |
101 |
148 |
89 |
Di cui per casi sociali (no ISEE) |
16 |
16 |
|
Di cui retta intera o educatore |
7 |
5 |
Considerazioni conclusive
Il Piano Nidi è arrivato ai territori in momento di calo drastico delle risorse provenienti dal livello regionale e dei fondi dei Comuni.
La scelta lombarda rispetto all’utilizzo di queste risorse è stata quella di andare a ridurre la pressione della domanda sui servizi pubblici (lunghe liste di attesa) consentendo alle famiglie di accedere ai servizi privati alle medesime condizioni del pubblico, e andando quindi a sostenere l’offerta privata, già equiparata al pubblico grazie agli accreditamenti.
Tuttavia, negli anni di attuazione del Piano il panorama sembra essersi trasformato, in particolare a seguito della crisi, con una riduzione di fatto delle richieste di accesso ai servizi, che sono state sostenute in questi anni ma che vanno incontro con tutta probabilità a un’ulteriore calo nei prossimi anni.
In questo territorio il Piano Nidi, pur con qualche difficoltà di avvio, è stato utilizzato per supportare di fatto il sistema di offerta privato e, in parte, alleviare temporaneamente i Comuni da una parte dei costi sostenuti per le famiglie più fragili, in connessione alle altre risorse disponibili (FSR, Fondo Intesa Famiglia) nel tentativo di definire una logica strategica che, nell’equiparazione tra offerta pubblica e privata, potesse sostenere le famiglie e contemporaneamente mantenere stabile il sistema.
In effetti, ad oggi, quello che si può vedere come esito di queste misure, è una tenuta complessiva del sistema di offerta, che certamente si è dovuto adeguare alle esigenze di flessibilità e di minor costo espresse dalle famiglie, ma che è complessivamente riuscito a mantenersi stabile.
La questione che si apre ora, a pochi mesi dalla chiusura di tutte le misure e dal termine della disponibilità di tutte le risorse straordinarie (luglio 2014), è che cosa accadrà da settembre in poi, quando le famiglie non potranno più essere supportate nel pagamento delle rette e i Comuni dovranno riprendere in carico i costi relativi all’inserimento nei servizi dei bambini più fragili, con i relativi costi.
Si creeranno di nuovo lunghe liste di attesa per l’accesso ai servizi pubblici con tariffe agevolate secondo fasce ISEE, con una messa in crisi del sistema di offerta privato tanto cresciuto negli ultimi anni? Oppure si manterrà nel tempo la riduzione della domanda che abbiamo visto finora, portando a un sottoutilizzo e quindi a un rischio di insostenibilità delle strutture, ugualmente pubbliche e private?
Nella spinta verso la configurazione come servizi flessibili, modulabili e a un costo minore per le famiglie si riuscirà a mantenere quella qualità pedagogica raggiunta negli anni passati dai servizi per la prima infanzia, o si ridurranno i servizi a una forma di baby parking e servizi di custodia?
Risposta a queste domande si potrà avere tra qualche tempo, ma certo è del tutto legittimo riflettere sul fatto che senza un ulteriore supporto specifico a questa area di servizi nei prossimi anni, anche quanto realizzato fino ad oggi con tutte le risorse che vi sono state dedicate rischia di disperdersi molto rapidamente, sia rispetto alla quantità dell’offerta disponibile, sia rispetto alla sua qualità.